Una tendenza comune alle persone e del tutto inconsapevole è quella di dare maggiore risalto ai comportamenti e a gli effetti che questi provocano sugli altri. Questo accade perché il comportamento prevede un’azione che è più visibile all’occhio umano e quindi percepita e considerata come più evidente. In realtà, all’interno di una relazione fra individui, hanno un peso molto importante anche le comunicazioni, sia quelle che seguono il canale verbale, cioè le parole, sia quelle veicolate dal corpo e definite comunicazioni non verbali, espresse con la postura, il tono di voce, l’espressione del viso e così via. L’importanza della comunicazione, e la sua influenza sull’individuo, è stata per la prima volta messa in evidenza negli anni 50 dalla Scuola di Palo Alto in California. Qui, un gruppo di ricercatori, considerati pionieri della psicoterapia familiare, proposero un modello del tutto nuovo con cui analizzare e comprendere i disturbi mentali, che considerasse, a differenza della psicoanalisi, le interazioni e le comunicazioni del presente, tipiche del contesto familiare in cui si trova il paziente. In tale contesto teorico, l’antropologo Gregory Bateson assieme ad altri elaborò la cosiddetta teoria del doppio legame, per descrive un tipo di comunicazione patologica, paradossale e contraddittoria, osservata in famiglie con pazienti schizofrenici. Considerare il doppio legame uno dei fattori all’origine della schizofrenia fu una rivoluzione per il panorama psicoanalitico di allora, secondo cui i disturbi psichiatrici, invece, erano principalmente il risultato di deficit individuali, come il disordine del pensiero, la debolezza dell’Io e la rottura dell’esame di realtà.
Per verificarsi il doppio legame ha bisogno di tre elementi:
una relazione significativa tra due o più persone, con valore di sopravvivenza fisica e/o psicologica, come ad esempio la relazione genitore-figlio;
l’invio ripetuto, e non occasionale, di messaggi contrastanti, in cui uno è l’opposto dell’altro
l’impossibilità per chi riceve i messaggi di reagire alla confusione e di uscire dalla situazione paradossale, perché magari è in una condizione di dipendenza dall’interlocutore o perché quest’ultimo ad esempio nega di essere stato contraddittorio
Esempi di doppio legame possono essere il caso di una madre che mette in punizione il figlio con il sorriso, o di un partner che dichiara amore con il volto triste, o, ancora, il caso di un padre che nega di essere arrabbiato mentre grida alla propria bambina. Quest’ultima si sentirà confusa e in tilt per i messaggi opposti che ha ricevuto, uno esplicito con cui il padre a parole le dice che va tutto bene e un altro implicito, che passa attraverso il tono della voce, urlante, con cui invece il padre le sta dicendo tutto il contrario, e cioè che è arrabbiato con lei. Vivrà il dilemma se credere al messaggio verbale del genitore o al messaggio di rabbia che percepisce con i propri sensi. Per non perdere il legame con il padre finirà col credere a lui ma col distorcere l’immagine di sé e la percezione della realtà, rischiando, se tale dinamica si ripete quotidianamente, strutturandosi come modello di relazione pd-figlia, lo sviluppo di serie difficoltà psicologiche, come paranoia, bassa autostima, sensazione di irrealtà, disorganizzazione del pensiero e crisi di rabbia.
Sarà capitato involontariamente a tutti, genitori e non, di mandare o ricevere messaggi contrastanti a più livelli. Finché si tratta di eventi isolati, di cui ci si rende conto o gestiti con un confronto tra le parti coinvolte, che sciolga la confusione creata, il problema non sussiste. La situazione si complica invece quando il doppio legame diventa una vera e propria forma di interazione, inconscia e continuativa nel tempo. Seppur con i suoi limiti, tra cui ad esempio il non considerare le risorse personali nella gestione del doppio legame, tale teoria ha avuto il merito di scoprire il forte impatto che le comunicazioni familiari possono avere sull’equilibrio psicologico e il vissuto interno di tutti i membri, chiamandoci ad essere più consapevoli di cosa e come comunichiamo.
Dott.ssa Giordana Fioretti Psicologa Psicoterapeuta Familiare con approccio integrato (psicodinamico e sistemico-relazionale). Esperta di infanzia, adolescenza, genitorialità, dinamiche familiari e di coppia.
Per info: giordanafioretti@gmail.com
BIBLIOGRAFIA
Andolfi, M. (2005).“Manuale di psicologia relazionale”. La dimensione familiare. Accademia di Psicoterapia della Famiglia, Roma.
Watzlawick, P.; Beavin, J.H.; Jackson, D.D. (1971). Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi. Astrolabio Editore, Roma.
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